Anno X n. 5-6 Settembre-Dicembre 1988
Nino Lavermicocca

 

Ma su Balsignano è proprio vero che il Comune di Modugno non possa far nulla? Il dott. Nino Lavermicocca, ispettore della Soprintendenza Archeologica di Bari, in questo articolo avanza due proposte: far ricorso alla legge regionale n. 37 del 1979; destinare subito il territorio di Balsignano a «Parco Archeologico», perché possano essere avviati saggi di scavo. Il consiglio comunale, sempre impegnato indiscussioni «trimalchionesche», riuscirà a dedicare un’ora del suo infinito quanto improduttivo tempo per assumere una deliberazione su Balsignano?

«Cronaca di un delitto annunciato» è ormai il titolo del «giallo» di Balsignano trasmesso in mille puntate e del quale, comunque, non si indovina ancora l’assassino (o sì?). Il tempo, indifferente alle volontà e ai capricci degli uomini, intanto trascorre e la caparbia resistenza di Balsignano dà i primi segni di cedimento ai colpi dell’ignavia e dell’assedio dei nuovi «Ungari», a caccia di qualche concio di pietra lavorata, una testa affrescata di Madonna, uno stemma, un capitello.

La difesa contro l’attacco è assai debole e disordinata. Coloro ai quali è devoluto il compito della difesa nicchiano, lasciando l’impegno di esporsi ai vicini e questi agli altri nel gioco meridionale dello scaricabarile. Occorre invece che non ci si nasconda dietro il dito; che ciascuno verifichi le effettive capacità d’intervento; rinunci ad impossibili progetti di restauro che non vedranno mai il sole, almeno in questo paese; faccia crudamente i conti in tasca e permetta almeno che alla mancanza di idee, fondi ed interesse supplisca chi può. Si misura così la volontà effettiva di intervenire sul complesso storico-archeologico e monumentale da troppo tempo in abbandono. Se lo Stato non può, per mille e una ragione, accollarsi l’onere dell’intervento riparatore, Io dica apertamente, rinunci e sarà il Comune, la Regione, la Comunità locale a farsi carico di reperire i finanziamenti necessari. Qualche opportunità, strumento c mezzo per raggiungere un risultato parziale è possibile. La Legge Regionale n. 37/1979, in materia di restauro e valorizzazione dei Beni archeologici e monumentali, ha dimostrato di essere, nonostante i suoi limiti e le sue insufficienze, a volte l’unica ancora di salvezza per i monumenti periclitanti, anche se strettamente connessa al naviglio da cui viene calata. Il Comune di Modugno, che vede insieme nel governo della città, come si diceva una volta, il «diavolo» e «l’acqua santa», cerchi nei due «regni» i suoi protettori, siano essi Lucifero o Sant’Arcangelo. L’importante è che il complesso monumentale di Balsignano sia recuperato e rapidamente, tenuto conto che altre salvezze non sono possibili e che le Istituzioni preposte, gravate da enormi compiti e impegni largamente onerosi, interverranno (se mai lo faranno) a disastro avvenuto. Balsignano, una delle rarissime testimonianze superstiti dell’assetto prediale «ager varinus», non merita di essere cancellato dal territorio. Già è andato perduto il patrimonio documentario che concerneva la sua storia, durante l’ultimo conflitto mondiale; non si permetta che vengano distrutte anche le sue vestigia materiali: il castello, le due chiese, la cinta di mura c le altre fabbriche che, tenute appena insieme dai melograni, gli olivi e i mandorli, possono ridursi improvvisamente ad un cumulo di macerie. L’esplorazione archeologica di questo villaggio medievale, fra i meglio conservati della provincia di Bari, a due passi dal capoluogo e da Modugno, città cresciuta tanto in fretta da dimenticare il suo passato non certo ignobile, attestato da simili sopravvivenze, consentirebbe certamente di trarre dall’archivio della terra quelle informazioni (forse più numerose) negate dalle fonti scritte. Per la definizione di un progetto di «Parco archeologico» a Balsignano, proprio l’esplorazione del sottosuolo potrebbe costituire il primo passo concreto, tendente a rimettere in luce l’organizzazione ed il sistema urbano di quell’abitato, che certamente dovette vivere intorno alle «emergenze» tuttora visibili (chiese e castello) con le sue case, botteghe, depositi.

Balsignano inoltre conserva intatto il suo contesto ambientale, degna cornice per una sistemazione a parco, che può anch’esso considerarsi «storico», fra le continue trasformazioni agricole subite invece dalle aree viciniori. Anzi l’equilibrio esistente fra contesto rurale e quello monumentale deve essere rigorosamente tutelato, senza «diradamenti» o mutamenti di colture.

A chi visita per la prima volta Balsignano le chiese appaiono come un frutto della stessa terra, con i blocchetti di pietra ordinati nella elegante geometria, nel raccordo volumetrico e nella misurata decorazione delle facciate e corpi di fabbrica. Le dimensioni degli edifici non oltrepassano la cima degli alberi, tranne la cupola della chiesetta di S. Pietro (S. Felice, n.d.r.), montata sul perfetto tamburo ottagonale, come una specola di osservatorio. Un insieme di forme, alcu ne rustiche, altre levigatissime, avviluppate ancora le une alle altre, cristallizzate nella fase di transizione dalla cultura antica della pietra a quella delle proporzioni e del numero.

In tale ambito è soprattutto la chiesetta di S. Pietro a mostrare intatta la sua qualità architettonica e formale: a metà reliquiario e a metà edificio di culto «romanico», di un romanico tutto particolare, in cui confluiscono esotiche annotazioni orientali, influenze della più vicina Daunia medievale, partiti decorativi di più immediato riscontro nelle tipologie del romanico «maggiore», soprattutto di Terra di Bari. Fra tutto questo concorrere di elementi storici, culturali, ambientali, Balsignano si consuma lentamente, stanco ormai di mostrare tesori che nessuno (o pochi) mostrano di apprezzare e che in effetti impallidiscono e scompaiono, come ad esempio il prezioso ciclo di affreschi con scena di Ascensione di Cristo al cielo e Apostoli sottostanti, per il quale non è stato vergognosamente mai trovato il tempo e il modo di fermarne almeno il degrado, prima che svanisca persino la sua sinopia. Una vera omissione d’atti di ufficio, di mancato soccorso, reati per i quali non è previsto dal codice della conservazione alcuna particolare sanzione. Altri frammenti di affreschi subiscono attualmente la stessa sorte, allontanandosi con le proprie immobili e ieratiche immagini da una realtà mutevole e veloce che, padrona di mille congegni, non è più libera di fermarsi nemmeno per uno sguardo.