In questo numero pubblichiamo il saggio più completo che sia stato scritto sino ad ora sul Casale Medievale di Balsignano, di cui fu autore Giuseppe Ceci. Il saggio, fin da quando apparve sul n. 1 dei 1932 della rivista «JAPIGIA», si impose subito all’attenzione degli studiosi per la ricchezza della documentazione e per la sua sistematicità, tanto che ancora oggi esso costituisce una fonte primaria e privilegiata dalla quale i ricercatori attingono notizie e valutazioni su Balsignano. La riproposizione dello studio del Ceci, del quale viene presentato un breve profilo biografico in questa pagina, non vuole avere soltanto un intento storiografico, ma mira soprattutto a sollecitare concrete iniziative per il recupero di Balsignano. Chissà, leggendo questo studio, qualche responsabile delle istituzioni politiche e culturali potrebbe accendersi di «eroico furore» per la storia, ricca e affascinante, sedimentata nelle pietre di Balsignano e armarsi di buona volontà! Sarebbe un miracolo, e la ragione è sempre li pronta a ripeterci che il miracolo non attiene alla dimensione della storia e delle umane vicende. Ma in una situazione come questa, quando la colpevole incuria delle autorità preposte alla salvaguardia è lì sul punto di fagocitare e cancellare per sempre Balsignano, che altro si può fare se non invocare l’impossibile miracolo?
Raffaele Macina
Link saggio di Giuseppe Ceci: “Balsignano”
Anno X N. 5,6 Settembre,Dicembre 1988
Piero Bianchi, Costanza Novielli
«All’apparire di Giuseppe Ceci i nove musi diventaron dieci». Così si verseggiò scherzosamente, quando il nome di Giuseppe Ceci si venne ad aggiungere a quello dei nove studiosi più eminenti della Napoli di fine ottocento.
Giuseppe Ceci nacque ad Andria il 25 dicembre del 1863; fu legato a Benedetto Croce da un forte sentimento di amicizia sin da quando furono entrambi allievi nel collegio napoletano della «Carità». Laureatosi in Giurisprudenza, intorno ai vent’anni si consacrò alla storia delle arti figurative e alla topografia di Napoli, divenutagli seconda patria. Nel 1892, insieme con Riccardo Carafa di Andria, Luigi Conforti, Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Michelangelo Schipa e Vittorio Spinazzola, fondò «Napoli Nobilissima», la bella rivista mensile d ’arte e topografia napoletane. Il Ceci ne curò la redazione, incarico certamente oneroso, poiché attendere alla redazione non significava soltanto forni re un certo numero annuale di articoli, occuparsi delle rubriche «Notizie e osservazioni» e «Da libri e periodici» firmandole con gli pseudonimi di don Ferrante e don Fastidio, correggere le bozze e curare rimpaginazione, ma implicava anche il dover combattere con la prosa artefatta di alcuni collaboratori, di cui era solito riscrivere da cima a fondo gli articoli. Il Ceci fu inoltre animatore e collaboratore della rivista «Japigia» dal 1930 al 1935.
Fausto Nicolini nella commemorazione di Giuseppe Ceci, spentosi il 25 febbraio del 1938, afferma di non aver conosciuto uno studioso più disinteressato. Il Ceci nella sua vita non fu mai bramoso di gloria, ne è testimonianza il fatto che pur possedendo notevoli qualità di scrittore, alla piacevole fatica dell’esporre e del raccontare preferì quella, più arida, del ricercare, raccogliere e catalogare a beneficio degli studiosi; egli invece che lavorare per sé lavorava per gli altri assumendosi, con umile pazienza da certosino, la parte più uggiosa e ingrata dei lavori altrui. Sempre il Nicolini definisce le opere di Ceci lavori perfetti sia dal punto di vista dell’informazione erudita sia da quello della sobrietà, scioltezza e semplice eleganza della forma. Di notevole importanza sono i due volumi di «Bibliografia per la storia delle arti figurative nell’Italia meridionale», strumenti che consentono agli studiosi di orientarsi con rapidità ed esattezza, in questo vastissimo campo di lavoro.
Animato da un grande interesse per la storia locale, il Ceci portò notevoli contributi alla cultura pugliese. Un tale impegno di ricerca sulla storia locale spinse il Ceci a stabilire un fraterno rapporto di amicizia e di collaborazione con Vito Faenza (1845-1923), instancabile ricercatore e storico modugnese, del quale egli pronunziò un’accorata commemorazione funebre. Non è da escludere che a spingere Ceci ad occuparsi sistematicamente del Casale di Balsignano abbia contribuito lo stesso Faenza che su di esso aveva già pubblicato numerosi interventi. In questo senso, si potrebbe parlare di una ideale continuità di impegno su Balsignano fra questi due appassionati storici; continuità testimoniata, per altri versi, dal fatto che il Ceci successe nel 1923 al Faenza nella presidenza della Commissione Provinciale di Bari della «Società di Storia Patria».
All’età di settantaquattro anni, il Ceci si dedicò a un lavoro molto impegnativo: proseguire, cioè, gli spogli iniziati dal D’Addosio nelle polizze di pagamento degli antichi banchi napoletani — conservate tutte nel l’Archivio generale del Banco di Napoli — per trarne le notizie relative ai cultori delle arti figurative. Solo la morte potè troncare il suo ardore giovanile di ricerca e la fatica ultima che aveva intrapreso con tanta gioia e tanto entusiasmo.
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