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La devozione popolare verso san Rocco e san Nicola da Tolentino.

Uno degli appuntamenti più attesi della nostra città è certamente quello di fine settembre, – quest’anno anticipato per ragioni elettorali – quando si celebra la festa dei santi Patroni, san Rocco da Montpellier e san Nicola da Tolentino. Nella circostanza, fede e tradizione danno vita ad un evento che unisce tutta la nostra comunità.

L’inizio del culto di san Rocco, a Modugno, non è documentato da fonti dirette; quello che certamente è riconducibile a san Rocco, però, è la costruzione della chiesa di san Sebastiano (ora dedicata all’Assunta) avvenuta durante la peste del 1535. Sappiamo infatti che il culto di san Sebastiano era sempre stato associato a quello di san Rocco perché, entrambi, furono invocati durante la pestilenza. La presenza della chiesetta intitolata a san Sebastiano costituisce, quindi, una prima testimonianza, sia pure indiretta, dell’avvio del culto di san Rocco nella nostra città, grazie anche al contributo, offerto in tal senso, dai frati cappuccini che si insediarono nel loro convento all’inizio del Seicento. Per risalire alle notizie riguardanti l’adozione di san Rocco, quale «protettore» della città di Modugno, bisogna far riferimento a due importanti documenti: alla Cronaca sulla peste del 1656 di Vitangelo Maffei, che lo associa a san Pietro Martire e san Nicola da Tolentino, e dalla Cronaca sui fatti del 1799 di Giambattista Saliani che lo associa, invece, soltanto a san Nicola da Tolentino.

Per quanto riguarda quest’ultimo, invece, i contorni della vicenda sono meno nebulosi grazie ad una documentazione che chiarisce ogni aspetto legato alla «scelta del protettore», avvenuta nel 1749. La documentazione a supporto è stata reperita presso l’Archivio Diocesano di Bari e costituisce anche la prova della partecipazione del popolo riguardo alla devozione verso i Santi, nel chiedere il loro patrocinio. Con delibera del 15 maggio 1749, l’Università di Modugno proclama san Nicola da Tolentino patrono principale della Città.
Dalle notizie storiche risulta che a Modugno la festa patronale di san Nicola da Tolentino si è celebrata il 10 di settembre, sino al 1860. Con l’Unità d’Italia i rapporti tesi tra lo Stato e la Chiesa ebbero ripercussioni anche nei confronti dei Comuni e pertanto anche la cerimonia della «consegna delle chiavi» fu osteggiata.

La situazione cambiò dopo i Patti Lateranensi del 1929. A Modugno fu la «Confraternita di san Nicola» a riprendere, dopo il 1860, i festeggiamenti per il principale patrono che si tennero, per diversi anni, nel mese di ottobre in forma molto rimaneggiata.

Nel 1952 don Nicola Milano, nominato arciprete di Modugno nel 1946, unificò i festeggiamenti di san Rocco e san Nicola fissandoli, rispettivamente, nell’ultima domenica di settembre e al lunedì successivo, promuovendo quindi la tradizionale cerimonia della citata «consegna delle chiavi» nell’ambito della festa di san Nicola.


 

Le fonti storiche sono state reperite dalle seguenti pubblicazioni:

«San Rocco e San Nicola da Tolentino patroni della città di Modugno», a cura del prof. Raffaele Macina, Edizioni Nuovi Orientamenti, luglio 2018;

«La scelta del protettore di Modugno», supplemento al n. 3, 1982 della rivista «Nuovi Orientamenti» (con il patrocinio del Comitato Feste Patronali), a cura del mons. Michele Ruccia.

Per eventuali approfondimenti entrambe le pubblicazioni sono reperibili attraverso i link di seguito indicati.

[2018] San Rocco e San Nicola da Tolentino
[1982] La scelta del protettore di Modugno [1749]

Presentazione della categoria “Accadeva a Modugno il…”

Con il numero n. 132 della rivista «Nuovi Orientamenti» (gennaio 2008, anno XXX), fu intrapresa un’interessante iniziativa: in deroga alla tiratura ordinaria, fu pubblicato «Il calendario storico modugnese del 2008» nell’ambito del quale, per ciascun mese, furono riportati in ordine cronologico gli avvenimenti storici della nostra città, corredati di brevi commenti curati dal prof. Raffaele Macina, direttore della rivista. Si è pensato di riproporre tale ricerca storica, probabilmente non conosciuta da tutti gli abbonati, intitolando la nuova rubrica «Accadeva a Modugno il…» con l’obiettivo di annotare gli eventi di rilievo per «richiamare l’attenzione sul grande patrimonio costruito dalla nostra comunità, nel fluire della sua storia millenaria». Trascrivere gli eventi ha suscitato una bella sensazione, restituendo un piacevole senso di appartenenza alla nostra città; è la sensazione che auguro nell’invitarvi a seguire la nostra «nuova» rubrica.

(mp)


 

Qui di seguito l’articolo «Il calendario come occasione per riflettere sulla Città» (testo integrale), a firma del prof. Raffaele Macina, nel quale furono spiegate le ragioni dell’iniziativa:

«Dopo la pubblicazione nel 2001 dell’Agenda storica modugnese, più volte in questi anni, nelle nostre riunioni redazionali, si è affacciata l’ipotesi di realizzare un calendario che con brevi sintesi presentasse i fatti storici più importanti della città. Col 2008 viene alla luce il Calendario storico modugnese, che da un lato, come tutti i calendari, vuol essere un utile strumento per orientarsi fra i giorni e i mesi dell’anno, dall’altro vuole soprattutto richiamare l’attenzione sul grande patrimonio costruito dalla nostra comunità nel fluire della sua storia millenaria. Un patrimonio ricco e complesso che, incrociandosi con i grandi eventi nazionali ed internazionali, riguarda tutti gli aspetti dell’umano: pestilenze, guerre, pericoli, odi, albagia del potere, ma anche testimonianze di virtù, solidarietà, amore vero per il prossimo, dedizione per la propria città e per il bene comune. Dopo aver ultimato il lavoro, rivedendo il tutto e scorrendo i mesi con le diverse informazioni storiche, ho avuto quasi la sensazione di essere sollecitato da una notizia o da una illustrazione a fermarmi, a riflettere su quello che altri hanno fatto prima di noi nello stesso territorio all’interno del quale ora ci muoviamo.

Ecco, fermarsi e riflettere sull’operato di chi ci ha preceduti, su una piazza, una chiesa, un monumento, che costituiscono il patrimonio che la storia ci ha affidato perché poi lo si possa trasmettere integro alle future generazioni, questo sì che è un invito da cogliere.

Fermarsi, anche per capire di più le dinamiche sociopolitiche di una comunità e le smanie per tutto ciò che sa di effìmero e di improvvisato, destinato ad essere nullificato dal severo giudizio della storia.
Fermarsi per osservare quanto sia lenta, anzi lentissima, la politica di recupero di un bene culturale e quanto poco si faccia per quell’archivio storico comunale, che, trasportato a Bari nel 1980 presso l’Archivio di Stato per mancanza di locali comunali, ancora oggi dopo 28 anni non si riesce a riportare a Modugno.
Fermarsi anche per cogliere alcuni caratteri della storia della città: la presenza di vincoli comunitari che nel passato hanno motivato ad azioni concrete di solidarietà (la costruzione con capitali privati di una “peschiera”, la fondazione di una scuola o di una Società di Mutuo Soccorso); la capacità di affrontare e risolvere situazioni difficili come quando per ben due volte, dopo essere stata acquistata come feudo, Modugno si riscatta riconquistando la condizione di città regia, che garantiva un sistema fiscale meno oppressivo e livelli maggiori di autonomia politica.
Fermarsi, infine, per elaborare un’idea di città che sia in grado di conciliare sviluppo e vivibilità. Oggi sono molti i fattori che attentano alla vivibilità nella nostra città: oltre a quelli esterni (Centrale, Zona Industriale, ecc), vi è questa corsa sfrenata alla cementificazione che fa sorgere più appartamenti su una superficie prima occupata da una sola abitazione, con tutto quello che ne consegue a livello di servizi, viabilità ed inquinamento. Sembra di essere ritornati alla logica del mattone degli anni Sessanta, che registrarono indici elevati di speculazione edilizia.
Anzi, rispetto a quegli anni, oggi c’è un’aggravante: il prezzo degli appartamenti è giunto a livelli impossibili, addirittura superiore a quelli di molte zone di Bari. Lo sanno molto bene i giovani che, quando mettono su casa, vanno via da Modugno.
Ed una città che espelle i suoi giovani, non può avere alcuna storia. Ecco, io mi auguro che questo calendario del 2008 possa suscitare un maggiore interesse per la storia della città che, come si sa, non riguarda solo il passato ma anche il presente e la stessa possibilità di superare i suoi problemi.
(R.M.)

Il link per consultare la rubrica “Accadeva a Modugno il…”
https://www.nuoviorientamenti.it/category/attualita/accadeva-a-modugno-il/

Don Giacinto Ardito

Il dodici agosto di dodici anni fa ci lasciava don Giacinto Ardito. Per venerdì prossimo, 12 agosto 2022, la parrocchia “S. Agostino” lo ricorda con due momenti di preghiera, come indicati dalla locandina. Don Giacinto ha collaborato negli anni con la nostra rivista. Si riporta in calce l’intervista che la prof.ssa Cosima Cuppone gli fece a gennaio del 1989, poi pubblicata nel n. 1/2 di “Nuovi Orientamenti” dello stesso anno. L’intervista è particolarmente interessante, perché don Giacinto si sofferma sul suo magistero di parroco, esprimendo principi e considerazioni, che conservano ancora oggi tutta la loro attualità. Naturalmente, i due momenti di preghiera, come indicati dalla locandina della parrocchia, sono aperti a tutti coloro che volessero partecipare.

(R.M.)

Anno XI N.1,2 Gennaio, Aprile 1989
Cosima Cuppone

Il pianeta “parrocchia” nella società attuale

La parrocchia è oggi una realtà profondamente diversa dal passato. Appaiono lontani tempi in cui si assisteva quasi ad un naturale passaggio di molti giovani dalla «militanza cattolica» alla «militanza di in un partito di sinistra», particolarmente nel partito comunista. Nuova spiritualità, volontariato, incontri culturali, apertura al sociale e organizzazione del tempo libero spesso costituiscono oggi il terreno privilegiato dell’azione di una parrocchia, che così concretizza la “rivoluzione” del Concilio Vaticano II, delineata sin dagli anni Sessanta. Questa inchiesta, che ci permette di entrare nel vivo di una parrocchia, quella di Sant’Agostino, può forse offrire un quadro aggiornato del ruolo che la Chiesa esercita oggi in uno specifico territorio.

L’idea di compiere questa indagine è nata da una constatazione: l’attuale società offre a tutti — giovani e non — limitate o quasi nulle occasioni ed opportunità di incontro, di dialogo, di discussione. La crisi di tradizionali forme e movimenti di associazione, da quelle culturali o del tempo libero a quelle partitiche, è sotto gli occhi di tutti e di essa si è già fin troppo parlato perché anche in questa occasione si consumi altro tempo e inchiostro. La Chiesa appare, oggi, una delle poche istituzioni, se non l’unica, ancora in grado di offrire momenti e situazioni di incontro e di aggregazione, specie giovanili, che sollecitano la partecipazione e stimolano il contributo di cui l’individuo è capace, in vista di un inserimento responsabile nella vita di relazione. Una conferma in tal senso ci viene da Modugno, dove tutte le parrocchie manifestano per lo più una intensa vitalità.

La continuity magistero di due parroci

È facile, ad esempio, imbattersi il pomeriggio, la sera, o la domenica mattina in animati gruppi di giovani, bambini, ragazzi ed adulti, che si trattengono sul marciapiede di via Piave antistante alla Chiesa S. Agostino, oppure occupano (non c’è quasi mai traffico di automobili o altri autoveicoli) la stradella via Montepertica. Sono ragazzi e adulti in attesa di una riunione di catechesi, o che hanno da poco finito di partecipare ad una celebrazione eucaristica, o che semplicemente si son trovati lì per consumare un po’ di tempo o per assistere ad una proiezione cinematografica; insomma, viene da pensare alla parrocchia come ad un efficiente centro di aggregazione. Da qui l’interesse a conoscere meglio la vita e l’organizzazione di una parrocchia come quella di S. Agostino per comprendere le ragioni che permettono alla Chiesa di essere oggi più presente e più vitale in un territorio. Ebbene, parroco di «S. Agostino» è don Giacinto Ardito, con il quale è quanto mai opportuno avviare il discorso. L’appuntamento è per le 17 di un pomeriggio di gennaio: «Mi raccomando — aveva premurosamente esortato don Giacinto — non più tardi perché alle 18 ha inizio il catechismo». Non ci vuol molto per verificare la fondatezza della sua raccomandazione: risulta davvero difficile rimanere a parlare tranquilli, sia pure per una buona mezz’ora, perché continuamente qualcuno bussa alla porta e chiede di parlare con lui. Don Giacinto è succeduto a don Biagio Trentadue nella guida della parrocchia e la successione è avvenuta nel silenzio, senza annunci o festeggiamenti. Ed è questo aspetto, di discrezione e di voglia di essenzialità, che a me pare il tratto più qualificante dell’attività di don Giacinto, la cui cultura, il rigore morale, il coraggio intellettuale ho avuto occasione di apprezzare in varie situazioni.
E mi viene naturale stabilire una continuità di magistero fra questi due parroci, in particolare penso agli incontri con i genitori animati da don Biagio. Una espressione di don Biagio allora mi colpì: «È opportuno — egli disse a noi genitori — che i catechisti siano gli stessi genitori». A distanza di alcuni anni mi sembra che, come si dirà dopo, il desiderio di don Biagio sia divenuto oggi realtà grazie a don Giacinto.

La parrocchia il suo territorio, la sua popolazione

Il discorso parte subito con l’analisi della dimensione territoriale della parrocchia e in particolare col riferimento al nuovo Codice di Diritto Canonico che, esprimendo i nuovi principi del Concilio Vaticano II, all’art. 518 così recita: «Come regola generale, la parrocchia sia territoriale, tale cioè che comprenda tutti i fedeli di un determinato territorio».

Alla luce di tale affermazione, chiedo a don Giacinto quale sia la consistenza numerica e la composizione sociale della popolazione che ricade nell’ambito della parrocchia, quanta parte di essa frequenti le funzioni religiose e quanti siano invece i soggetti impegnati con assiduità nelle diverse attività della «Sant’Agostino».

Le persone facenti parte della parrocchia sono circa 10.000. Di queste circa 1.000 frequentano la parrocchia, intendendo per frequenza la sola partecipazione alla messa festiva. Tutte, invece, richiedono i Sacramenti. Tra i 1.000 frequentanti, circa 200 sono presenti nella parrocchia con un ruolo, un impegno, un lavoro. Di questi un numero superiore a 100 è costituito da giovani (dai 15 ai 20 anni), il resto da adulti (dai 30 ai 60 anni). Non si considerano impegnate le circa 800 unità costituite da bambini e ragazzi di scuola elementare e media che frequentano il catechismo. Quanto a composizione socio-economica la realtà della parrocchia è variegata: vi fa parte, infatti, una fascia del borgo vecchio, di modesta condizione; un gruppo, che rappresenta la componente prevalente, appartenente al ceto medio alto; un gruppo impiegatizio e un gruppo impegnato in nuove professioni che ha nei confronti della religione un atteggiamento «post-industriale».

Mi pare di capire, ascoltando i dati sulle persone impegnate nella parrocchia con un ruolo ed un impegno preciso, che da questa fascia sono esclusi gli anziani. Come mai questa scelta che per certi aspetti potrebbe costituire un limite?

In realtà, gli anziani non sono esclusi, ma, di fatto, non si sentono particolarmente motivati a certi impegni, e questo non mi sembra un limite, in quanto ben sappiamo quanto gli anziani preferiscano la frequenza a pratiche devozionali e di culto ai momenti di Catechesi oppure ad altre forme di religiosità. Più che di un limite, si tratta di una scelta.

Con una popolazione così diversa per religiosità e varia per età, come si fa a rendere omogeneo l’intervento della Chiesa?

In verità, la difficoltà è notevole e deriva dal fatto che molti riducono il fatto religioso al momento dei Sacramenti. La religiosità va oltre i Sacramenti, essa deve tradursi in un certo stile di vita, perciò il mio tentativo è di filtrare la richiesta religiosa di sempre riferendomi al discorso Conciliare e ai concetti di una reale vita cristiana da concretizzarsi nel quotidiano.

Culto, religiosità utilitaristica e nuova spiritualità

Il suo discorso incontra resistenze?

Incontra reazioni positive e negative. Quelle positive le registro alla messa domenicale delle 11,30 che vede la partecipazione dei giovani e, in genere, del ceto impiegatizio o di quello da me definito «di religiosità post-industriale». Le reazioni negative, invece, sono determinate dalla difficoltà nell’aderire ad un discorso nuovo che fa perno sulla interiorità e su una religiosità più autentica. È chiaro, ad ogni modo, che il discorso locale non può non rimandare ad un contesto socio-culturale di ordine mondiale, per cui le cause di una mentalità poco religiosa sono di natura generale e si collegano a visioni consumistiche e nichiliste della realtà, di cui sono portatrici tante ideologie.

Se si confrontano fra di loro i 10.000 potenziali parrocchiani, /1.000 frequentanti e i 200 realmente impegnati, mi sembra di poter dire che c’è una evidente sproporzione fra questi tre dati. Eppure la parrocchia è nata parecchi anni fa. Questo vorrebbe dire che essa non ha cristianizzato abbastanza il territorio?

La sproporzione è un dato reale e la esiguità del rapporto fa riflettere. Io penso che molti sentono la religiosità come il semplice venire a Messa o partecipare a momenti di culto; altri la intendono e la vivono in modo più autentico, cioè come un intimo rapporto culto-vita e questi sono pochi.

Come mai la Chiesa non ha saputo cristianizzare nella direzione dell’impegno, mentre il suo magistero ottiene ampi consensi nella direzione del semplice culto?

Noi tentiamo di cristianizzare e lo facciamo in vari modi; mediante incontri di Catechesi per adulti che si tengono ogni giovedì in parrocchia, alle 19,30; attraverso incontri di rione che organizziamo in vari momenti dell’anno e attraverso iniziative di volontariato. I limiti però nascono dagli scontri con questa mentalità: quando, ad esempio, qualche famiglia chiede la benedizione della casa, il sacerdote va con piacere e desidererebbe trovare tutto il nucleo familiare per conoscerlo nella sua interezza, invece quasi sempre vi trova solo una persona e quindi quel momento si limita a un semplice fatto devozionale e non diventa occasione di conoscenza umana, indispensabile perché si inizi un discorso religioso più significativo.

La esiguità del rapporto popolazione – frequentanti-impegnati non si può attribuire al fatto che vivere religiosamente è difficile?

Per me ciò è anche dovuto a un certo modo di intendere la religiosità, una religiosità che assume, per molti, un significato ed un valore utilitaristico. È la religiosità di chi considera la preghiera come una continua richiesta, domanda di favori: «Fammi stare bene, fa’ che mia madre guarisca, che mio figlio trovi un posto, che quello chiuda un occhio…». È evidente che tali atteggiamenti hanno poco o nulla di religioso, come pure è facile che una così fragile religiosità venga meno quando una richiesta non venga esaudita. Ad un sacerdote può capitare di sentirsi dire: «Come vuoi che io creda ancora? avevo pregato per mia madre, ma è morta…».

E allora in che consiste una autentica religiosità?

Religiosità è una esigenza religiosa, è un bisogno interiore di spiritualità, è un progressivo maturare di atteggiamenti religiosi; religiosità è passare da una abitudine alla domanda ad un atteggiamento di formazione e di crescita, possibilmente per dare; è ancora passare da un culto utilitaristico ad uno di adorazione. Un teologo protestante, Bonheffer, sostiene che per molti Dio sia semplicemente un «dio tappabuchi», a cui rivolgersi per avere una grazia.
In questa visuale anche il culto per alcuni santi assume un significato di tornaconto personale e sembra rispondere alla logica dell’interesse, per non parlare di una quasi sostituzione di antichi culti pagani; vedi il culto per S. Anna, o per S. Rita, o per S. Antonio. È sintomatico come in un tale tipo di culto non sia mai rientrato un santo come S. Agostino, il quale ci propone una religiosità impregnata di interiorità.

Da quanto tu dici verrebbe quasi di pensare che la società oggi non sia cristianizzata perché prevale la logica dell’interesse e del tornaconto, e non per l’affermazione di ideologie alternative. È così?

Indubbiamente tutto questo contorno sociale è poco cristiano e il messaggio della Chiesa va contro questo tipo di religiosità corrente. Penso che la Chiesa debba condurre la sua battaglia diffondendo con chiarezza il messaggio del Vangelo e dotandosi anche di mezzi di comunicazione sociale. Penso che il Vaticano dovrebbe avere una stazione televisiva il cui obiettivo dovrebbe essere la formazione di atteggiamenti autenticamente religiosi.

E ai giovani voi riuscite ad offrire questa autentica dimensione religiosa?

Il nostro continuo sforzo è che si passi dalla dimensione utilitaristica ad una religiosità nuova, interiorizzata. Per questo noi facciamo leva sulla Parola di Dio, sulla liturgia (una liturgia partecipativa, che stimola la riflessione e sollecita la comunicazione), sulla conoscenza del mondo e la partecipazione alla vita sociale.

 

Pubblicato ultimo numero della rivista “Nuovi Orientamenti” n. 179 luglio 2022

È stato pubblicato il nuovo numero della rivista «Nuovi Orientamenti». Si coglie l’occasione per invitare, coloro che non l’avessero ancora fatto, a rinnovare la quota annuale per il 2022 che, anche quest’anno, rimane invariata: € 25,00 per quella normale ed € 50,00 per quella sostenitrice (nel qual caso 25 euro saranno considerati come sottoscrizione per il Millennio).

Si può effettuare il rinnovo attraverso il bollettino postale; tramite bonifico bancario utilizzando le seguenti coordinate: BANCO POSTA, intestato a Nuovi Orientamenti, codice IBAN: IT58 U076 0104 0000 0001 6948 705; presso la cartolibreria “La Bottega del libro” (Piazza Sedile, 11), presso il Centro Fotocopie di Francesco Caporusso (Piazza Sedile, 29).

E’ anche possibile contattare un rappresentante di «Nuovi Orientamenti» e fissare un incontro, telefonando ai seguenti numeri: 3284475397 (Raffaele Macina), 3355915842 (Marco Pepe); 3334916861 (Anna Camasta).

Di seguito la copertina del nuovo numero della rivista con l’evidenza del rispettivo sommario.
Buona lettura.

Sommario n. 179, Anno XLIV

13 luglio 1891

Nasce Franco Casavola

Franco Casavola (Ritratto di Antonio Longo)

Franco Casavola (Modugno, 13 luglio 1891 – Bari, 7 luglio 1955) è stato un compositore, direttore d’orchestra, critico d’arte e scrittore italiano. Nasce a Modugno ed è stato uno dei più autorevoli rappresentanti del futurismo e della musica dal Novecento. Era figlio di Donato Casavola, magistrato di Martina Franca e della modugnese Giovanna Russo. Sin dalla giovane età Franco mostra una particolare inclinazione verso la musica che però non fu sostenuta dalla sua famiglia che per lui avrebbe preferito, invece, la carriera in magistratura come quella di suo padre.

Aderì al futurismo, e ne divenne il protagonista pugliese (celebre è rimasta la presentazione, con Marinetti, al teatro Petruzzelli del «Manifesto sul Futurismo musicale in Puglia»).

La nostra rivista si è occupata in diverse occasioni del nostro concittadino e pertanto, per chi volesse approfondire, si ripropongono i contributi già pubblicati da «Nuovi Orientamenti» a firma di Vincenzo Fragassi, «Franco Casavola, una personalità radicata nella cultura del suo tempo» (1985); di Cristina Macina, «Casavola, esponente di spicco del Futurismo» (1996); e di Annamaria Di Lillo «Un convegno su Casavola a cinquant’anni dalla morte» (2005).

«Franco Casavola, una personalità radicata nella cultura del suo tempo» 1985
Vincenzo Fragassi

«Casavola, esponente di spicco del Futurismo», 1996
Cristina Macina

«Un convegno su Casavola a cinquant’anni dalla morte», 2005
Annamaria Di Lillo

Maria Trentadue

Modugno, 20 settembre 1893 – Modugno, 27 aprile 1987


Modugno, 27 aprile 1987: trentacinque anni fa ci lasciava Maria Trentadue, definita come la “grande” pittrice “naif” di Modugno, che amava dipingere su qualsiasi cosa, pur di dare spazio alla sua irrefrenabile e fantastica creatività.

Iniziò all’età di 65 anni rappresentando un mondo fatto di colori. Le sue immagini esprimono originalità espressive, personaggi sorridenti; tutto riconduce ad un contesto fiabesco, dove le proporzioni si annullano per dare spazio ad un nuovo modo di interpretare il suo mondo.

Lo scrittore Tommaso Di Ciaula, si accorse del talento di Maria Trentadue per caso.  Mentre passeggiava nei dintorni di casa sua notò alcuni suoi quadri asciugare al sole. Nacque un sodalizio molto forte: lo testimonia un passaggio del libro “Tuta blu”, dove lo scrittore, oltre a descrivere la sua visita, ripercorre i tratti della personalità di Maria, caratterizzata da un forte attaccamento alla fede cristiana ed alla famiglia; sempre attenta ai più bisognosi.

Il 5 marzo del 1985, presso “L’Arcaccio“, fu presentata una grande retrospettiva delle sue opere, per celebrare l’ormai acquisita popolarità nell’ambito della nostra cultura cittadina.  Recentemente, in occasione delle iniziative per celebrare il “Millennio” della nostra Città, dal 13 al 27 marzo di quest’anno, grazie ad una iniziativa promossa dalla FIDAPA BPW Italy, Sezione di Modugno [patrocinata dal nostro Comune],  presso la sala Multimediale Palazzo Santa Croce è stata allestita una mostra dal titolo “Maria Trentadue, una donna millenaria” curata dalla dott.ssa Melissa Destino.

Per chi volesse approfondire, si riportano qui di seguito alcuni contributi pubblicati dalla nostra rivista, dedicari alla figura di Maria Trentadue, tra i quali una interessante  – “Conversazione con Tommaso Di Ciaula sulla pittura di Maria Trentadue – Una Ligabue a Modugno” – a firma del prof. Serafino Corriero. 

Grazie per l’attenzione.

Una Ligabue a Modugno [prof. Serafino Corriero]
Il senso di un sogno [dott. Agostino Di Ciaula]; a seguire  
Zi Marie mi diceva […]  [Lino Cavallo]
A dieci anni dalla scomparsa [Tommaso Di Ciaula]

 

«L’archivio capitolare di Modugno»

VENERDÌ 22 APRILE 2022, ORE 17.30
Sulla pagina Facebook “UTE MODUGNO”
https://www.facebook.com/profile.php?id=100011358579045  

«L’archivio capitolare di Modugno»
Relatrice: dott.ssa Chiara Manchisi
(già funzionario della Soprintendenza Archivistica della Puglia)

L’archivio capitolare della maggior Chiesa di Modugno, in cui è conservata una documentazione che va dal XV al XX secolo, è fra i più ricchi archivi storici delle chiese della provincia di Bari e della Puglia. Negli ultimi anni, l’archivio è stato ordinato e tutti i suoi documenti sono stati catalogati secondo le categorie archivistiche, rendendo possibile la loro consultazione agli studiosi, molti dei quali giungono da fuori Modugno. A sovrintendere a tutti i lavori di catalogazione e di sistemazione della copiosa documentazione storica è stata la dott.ssa Chiara Manchisi, che è autrice dei tre pregevoli volumi, dal titolo “L’archivio capitolare della Chiesa Maria Santissima Annunziata di Modugno”. La dott.ssa Manchisi, autrice di diverse pubblicazioni, ha curato importanti mostre documentarie in diverse città della Puglia. Da alcuni anni collabora con la rivista “Nuovi Orientamenti” contribuendo con i suoi interventi ad illuminare aspetti e tematiche della storia di Modugno.

«L’AGGLOMERATO INDUSTRIALE BARI-MODUGNO, MOTORE TRAINANTE DELLA CITTA’ METROPOLITANA”

VENERDI’ 8 APRILE, ORE 17,30

AUDITORIUM DEL “TOMMASO FIORE” PER “GLI INCONTRI DEL MILENNIO”UNA FONDAMENTALE RIFLESSIONE PER LA CITTA’ DI MODUGNO «L’AGGLOMERATO INDUSTRIALE BARI-MODUGNO, MOTORE TRAINANTE DELLA CITTA’ METROPOLITANA”

RELATORE. PROF. FEDERICO PIRRO (UNIVERSITA’ DI BARI)

Qui di seguito la locandina

Il conte Rocco Stella, “Napolitano di Modugno”»

Rocco Stella (Modugno, 24 febbraio 1662 – Mödling-Vienna, 15 settembre 1720) fu definito dai suoi contemporanei “il più potente ministro d’Europa”. In effetti, egli divenne il consigliere e il ministro più fidato dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo, e la sua centralità all’interno della corte imperiale viennese fu tale che “i prìncipi stranieri si rivolgevano a lui per agevolare negoziazioni e perorare richieste presso l’imperatore”.

Rocco Stella, la cui fulminea carriera è stata celebrata da numerosi letterati e storici, andò via da Modugno a 18 anni, arruolandosi come semplice soldato in una delle tante compagnie italiane che allora erano al servizio dell’Impero d’Austria. Da sottolineare, secondo alcune ricostruzioni, il motivo della fuga da Modugno da parte del giovanissimo Rocco: “[…] per evitare i rigori della legge, non si conosce per quali reati” o perché allontanato dai suoi fratelli in quanto si era dato “a molti vizi”.

Ricordare Rocco Stella in uno degli “Incontri del Millennio” ci sembra doveroso e, in parte, una sorta di atto riparatore, poiché in occasione della ricorrenza dei trecento anni della sua morte, l’Amministrazione Comunale di Modugno, allora in carica, lo ignorò del tutto, nonostante egli sia stato il Modugnese più illustre e più famoso della storia della città.

A parlarci di Rocco Stella sarà Gaetano Pellecchia, giovane ricercatore, impegnato sin dagli studi universitari in ricerche d’archivio sull’illustre conte modugnese.

Ultimo numero

Si riporta la copertina, con il sommario, dell’ultimo numero della Rivista riferito al mese di aprile 2022, n. 178.

Buona lettura

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