Anno X N. 4,3 Maggio,Giugno 1988
Ivana Pirrone

L’attesa per il restauro dell’antichissimo casale medievale di Balsignano (Modugno) dura ormai da decenni, senza che se ne veda una soluzione a breve termine. Il suo promesso risanamento e restauro è passato per tutti i «progetti» più o meno fantasiosi prodotti in questi anni dalle Istituzioni ed Enti preposti alla tutela, ma non vi è ancora nulla di concreto. Intanto, il complesso monumentale del villaggio medievale (chiese, mura di cinta, castello) è in via di avanzato degrado e si moltiplicano gli atti di vandalismo a suo danno.
Il 20 marzo l’Adirt (Associazione Difesa Insediamenti Rupestri e Territorio), in collaborazione con «Nuovi Orientamenti», ha organizzato una visita di studio al Casale ed un incontro con la cittadinanza e le autorità cittadine modugnesi, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica al problema Balsignano e cercare una soluzione che garantisca la salvaguardia ed un uso corretto di quell’irripetibile complesso architettonico. Erano presenti: Serafino Bruno, in rappresentanza dell’amministrazione comunale allora in carica, la redazione di Nuovi Orientamenti, la prof. Maria Labriola, presidente Adirt, il dott. Nino Lavermicocca, della Soprintendenza Archeologica, numerosi cittadini.
L’Adirt intende proseguire il suo impegno su Balsignano ed essa, al fine di scoraggiare ogni inerzia, stimolare ancora una volta coloro ai quali è demandato il compito della tutela e sollecitare l’adesione della pubblica opinione alla risoluzione del problema Balsignano, organizzerà a Bari presso il Fortino S. Antonio una Mostra didattica dei disegni, delle ricerche e delle riflessioni messe per iscritto da ragazzi della scuola elementare che hanno visitato il Casale. L’illustrazione dell’esperienza sarà affidata alla prof. Franca Pinto Minerva ed alla dott. Silvia Godelli, in data che sarà resa pubblica a mezzo stampa quotidiana.

Vi sono tante buone leggi ma Balsignano è sempre più diruto

20 marzo. Una tiepida mattina di sole, la campagna è un trionfo di verde. Sotto il cielo azzurrissimo, la cupola di S. Felice in Balsignano risplende. Il nitore delle sue belle pietre antiche spicca contro l’azzurro. È ancora lì, miracolosamente in piedi. E noi siamo andati ad officiare il suo rito funebre. Invece, battendo tutte le scommesse, come quei vecchi a cui tutti danno ormai poche ore di vita e loro vivono, vivono e vivono, finché ne hanno voglia, come quei vecchi, dicevo, Balsignano, malgrado tutto, è qui. Sempre più diruto: nel castello il tetto è in parte crollato; nel muro di cinta l’antica porta è istoriata dalla rosa dei pallini di chi ha voluto, qui, provare le cartucce; negli affreschi, scaglie malinconiche ed impallidite volano via.
Nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli non si può entrare o, meglio, forse si potrebbe, spostando un certo tufo che mura la finestra, ma è meglio non farlo, e non farlo vedere a chi ci è accanto. Potrebbe voler tentare. A che, poi? Aumenterebbe solo il rammarico. Meglio affondare il piede nell’erba, meglio prestare orecchio al bla bla di chi promette che presto Balsignano potrà essere restaurata. Anzi, si dice, tornerà alla vita. C’è la legge tale, o la tal altra… si potrebbe, si dovrebbe… Il mormorio delle voci, il ritmo delle ipotesi, l’avvicinarsi delle promesse diviene un indistinto rumore di fondo.
No, non vi aspettate qui una cronaca fedele. Nel ricordo le promesse dei politici, le speranze di chi ama questo luogo, si intrecciano e si ingarbugliano in una indistricabile matassa.
E poi, poi il giorno appresso pioveva, l’erba non era più così verde, né il cielo così azzurro, i politici, ahimè, decadevano con le loro promesse; i piani, le speranze trovavano fine in un silenzio disperante.
Sole, le pietre bianche di Balsignano conservavano il loro nitore, come fanno per questi uomini ingrati fin dall’anno Mille.