Anno XXIV N. 105 Ottobre 2002
Cristina Macina

Fortunatamente, la sera di venerdì 13 settembre il maltempo dell’ultimo scorcio della piovosa estate appena trascorsa ha concesso una tregua ed ha così reso possibile la rappresentazione de L’ultimo di Balsignano, presso il casale fortificato medievale sito alle porte di Modugno. L’azione drammatica è nata dalla collaborazione tra Nuovi Orientamenti e l’associazione La pecora nera-, l’unione tra storia e teatro ha dato vita ad un dramma storico che ha piacevolmente reso noti alcuni fra gli episodi più rilevanti della lunga vita di Balsignano. Infatti, attraverso la storia dei protagonisti, sei attori senza raffinata arte, né tantomeno parte, che si fingono di essere diretti alla regia corte napoletana, prende corpo dapprima sullo sfondo, poi in primo piano, il vero argomento dell’opera: l’antico casale, la distruzione, l’abbandono, il degrado.
Quando la compagnia di attori, guidata da un generoso quanto poco produttivo capocomico (interpretato da Franco Ferrante) giunge a Balsignano con l’idea di passare la notte in questo luogo sconosciuto e a prima vista abbandonato, si imbatte, appunto, nell’ultimo abitante di Balsignano, (sulla scena Antonio Pugliese). La sua presenza, annunciata da reticenti e a tratti ostili dialoghi con gli attori della compagnia, rivela un senso dell’ospitalità antico, fatto di una gentilezza timida e ritrosa. Si tratta di un anziano signore, cresciuto tra le mura di Balsignano quando esso era un ricco centro, che non ha avuto cuore di abbandonare la sua antica dimora, nemmeno dopo la sua distruzione. Innamorato devoto delia terra circostante, generosa ospite sempre pronta a fornire olio e frutta a chi si avvicinasse, l’ultimo di Balsignano ha atteso l’arrivo di qualcuno che ponesse fine alla pericolosa dimenticanza che ha avvolto il casale. Così, in cambio di vitto e alloggio, ottiene dalla compagnia una promessa: almeno per una sera nel casale sarebbe tornata la gente per assistere alla tragedia che avrebbe messo in scena la recente storia di Balsignano. Sfortunatamente, egli non vedrà realizzato il suo più grande desiderio, perché stroncato da una morte annunciata, ma lascia sereno la sua dimora: ha infatti trovato nei giovani attori chi possa vegliare fedele sul casale per la cui ricostruzione egli ha, peraltro, devoluto una cospicua somma di denaro accumulata durante la sua vita. Allegoria del lungo abbandono che ancora soffre Balsignano, dell’inerzia spesso dimostrata dagli enti pubblici, la delicata rappresentazione curata da Michele Bia ha restituito al casale l’antica vitalità, almeno per una sera, e, mescendo l’utile al dolce, ha contribuito a rendere noti alcuni momenti significativi della sua storia. Gli attori (sulla scena anche Annalisa Pellecchia, Nicola Giustino, Floriana Govovi, Mimma Martino, Giulio Bruno)) hanno interpretato con efficacia il loro processo di mutamento davanti alla saggezza dell’ultimo balsignanese, che spinge uno della compagnia a superare generosamente le proprie debolezze e a riportare a Balsignano l’eredità del vecchio da lui rubata. La dedizione dell’ultimo abitante di Balsignano ad una causa non individuale diventa monito ed insegnamento per i giovani nella storia, … speriamo che lo sia anche nella nostra realtà.