Un interessante contributo di Ivana Pirrone
Anno VI N. 1-2, Gennaio-Aprile 1984
Vogliamo ripercorrere le strade di Modugno, leggendo nelle pietre e negli spazi la storia della città, che è poi storia di uomini, per spiegare a noi stessi il senso di tante esistenze e persistenze e, conoscendo meglio il passato, con maggiore lucidità e competenza programmare il futuro. Futuro che per Modugno si chiama oggi piano regolatore: una serie di scelte che, se ben condotte, possono portare alla crescita programmata e ordinata della città e ad una migliore qualità della vita per i suoi abitanti; altrimenti il piano regolatore servirà ad accrescere caos e marasma edilizio, farà lievitare il disordine, cancellerà quelle forme di memoria collettiva che sono i luoghi, le strade, gli edifici.
Non si tratta, quindi, semplicemente di inventariare i cosiddetti monumenti e le opere d’arte, sostituendosi magari alle soprintendenze e segnalando i restauri da eseguire, ma piuttosto di individuare il corpus di luoghi e di edifici che hanno un significato, anche al di là del valore esclusivamente storico-artistico, e segnalarli perché siano salvaguardati. Ciò nella convinzione — lo ripetiamo — che solo conoscendo a fondo il passato, possiamo serenamente affrontare l’avvenire e che solo rispettando gli spazi fisici della città, potremo salvaguardarne il valore di koiné.
Siamo convinti assertori della validità dei contesti. Per quanto bello, infatti, possa apparire e per quanto grande sia il suo valore, isolare un edificio, col pretesto che si tratta di una emergenza architettonica, e demolire ciò che lo circonda e gli fa da supporto perché privo di pari rilevanza artistica, non ci trova d’accordo. Sarebbe come isolare, in un’opera teatrale o letteraria, la sola parte del protagonista. Anche una tragedia di Shakespeare diverrebbe immediatamente risibile, non sostenuta dai rimandi dei comprimari e giù giù fino alle battute delle più umili comparse. Eppure, questa è pratica abituale negli interventi di urbanistica! Noi cerchiamo invece i «nodi» di una realtà dinamica e quindi siamo piuttosto propensi a dar rilievo a situazioni stimolanti per una serie di piccoli rimbalzi e notazioni più implicite che dichiarate, ovvero ad edifici di modesta esecuzione ma che coralmente producano armonia, piuttosto che al singolo edificio, sprizzante arte da tutti i pori, mummificato in uno spazio morto ed artificialmente creatogli d’attorno.
Il nostro giro per il centro storico della città comincia da Piazza Sedile, chiamata così dal nome dell’edificio nel quale si tenevano le riunioni dei nobili che gestivano il potere amministrativo della città. Nella forma attuale il palazzo turrito del Sedile, che oggi ospita la biblioteca comunale, risale, come dice l’iscrizione scolpita sulla facciata, al 1713, anno in cui l’ordine dei Nobili lo restaurò a proprie spese e lo dotò di torre con l’orologio.
L’ingresso alla sua sala è preceduto da una graziosa scaletta a due rampe convergenti verso un ballatoio, dal quale si abbraccia con lo sguardo tutta la piazza: spazio essenzialmente umano, che si articola in tanti sottospazi antistanti gli ingressi dei vari locali che si aprono a livello del piano stradale. È di fronte al Sedile infatti che si affacciano le sezioni locali dei vari partiti e le varie associazioni sindacali, civili e militari.
Tutto qui contribuisce a qualificare questo spazio per la sua naturale destinazione, che è destinazione dialogica di incontro civile, di dibattito culturale, di rapporto umano.
Com’è nelle più consolidate tradizioni delle nostre regioni la struttura di questo luogo ha funzione polivalente ed è frutto del contemperarsi di diverse realtà, tutte egualmente importanti e tra loro complementari, tutte egualmente rappresentative di un aspetto del potere. Così, se il potere economico e sociale faceva capo al palazzo del Sedile, quello religioso era rappresentato dalla cosiddetta «Chiesa del Purgatorio» (S. Maria del Suffragio).
Di fattura seicentesca, è preceduta da un sagrato rialzato che copre una vasta cisterna pubblica, costruita dalla Confraternita del Purgatorio nel I860 per raccogliere le acque piovane e conservarle per i tempi di siccità. La facciata è preceduta da un portico in pietra che risale al secolo scorso, quando fu rifatto a seguito di un crollo, seguito alla esibizione acrobatica di un funambolo. Storia singolare che testimonia di un’epoca non poi tanto lontana in cui questi luoghi facevano anche da palcoscenico!
L’interno è a una navata con pilastri a doppio capitello che sorreggono la volta a botte; sulle pareti si ammirano pregevoli tele ed una artistica cantoria. Dobbiamo dire però che, se la chiesa risale al 1600 ed il Sedile è stato riedificato ancora più tardi, l’assetto di questa zona risale a un periodo molto anteriore. Non tutti sanno che questa piazza esisteva già fin da quando a Nord, sul lato opposto all’ingresso della chiesa, si apriva la porta detta delle Beccherie, che costituiva uno degli accessi originali della cinta muraria che racchiudeva il borgo antico.
È quindi certo che fin dal Medioevo, e cioè fin da quando il borgo di Modugno si è costituito, questa zona assolveva al suo compito di cuore pulsante per [l’organizzazione della vita di un gruppo di uomini che aveva deciso di vivere assieme, usufruendo in comune di questo territorio e delle sue risorse, condividendo rischi a fatiche. Si instaurò allora quella caratteristica dimensione di vita, favorita dalla demenza del clima, per cui la Socialità si sviluppava negli spazi esterni alle abitazioni i quali divengono veri saloni comuni, dove l’anziano può godere dell’ultimo raggio di calore prima che imbruni, il giovane occhieggia le ragazze, il sensale stipula affari.
Si organizza così una tranquilla vita di paese che si dipana con ritmo mai affannoso ma sempre dinamicamente vivo dall’abbraccio della dimensione spazialmente raccolta della piazza. Il rischio di oggi è invece che questo spazio comune dilati le sue funzioni e che acquisti un nuovo valore, che Piazza Sedile si trasformi in centro commerciale. Già le prime boutiques ne hanno forzato l’ingresso ed hanno violato con la pacchianeria delle loro insegne e la vistosità ed invadenza delle vetrine la serenità e compostezza degli spazi.
Si avvia cioè un processo che può forse portare al degrado e senz’altro allo snaturamento della zona.
Basta guardare un po’ in là, per esempio nel quartiere muratiano del capoluogo, pe rendersene conto.
Oggi un traffico caotico, un decremento della popolazione residente, un altissimo indice di pendolarità sono le caratteristiche di quel quartiere che ha vissuto un intenso processo di conversione commerciale. Il tentativo di farne una city ne ha scacciato gli abitanti, riciclato le case trasformandole in uffici e negozi o depositi, ha gravemente compromesso l’indice di vivibilità distruggendo ogni equilibrio.
Ebbene, è questo il futuro di Piazza Sedile?