A colloquio con l’architetto Emilia Pellegrino e con le archeologhe Maria Rosaria De Palo e Paola Piliego sui nuovi ritrovamenti venuti alla luce durante gli attuali lavori di restauro e di scavo. Affiorata all’interno del castello un’abside che fa pensare ad origine ancora più antiche del casale

Anno XXVIII N. 124 Agosto 2006
Maria Franceschini

Da una visita nel cantiere attivo del casale di Balsignano abbiamo potuto rilevare che i lavori, “in corso” ormai da diversi anni, sono giunti, se non alla conclusione, ad un punto in cui si può riconoscere il futuro assetto degli edifici e dello spazio racchiuso nella corte del castello: un traguardo perseguito con costanza e che negli ultimi tempi è sembrato più vicino grazie anche all’intervento finanziario del Comune di Modugno, come ci spiega Emilia Pellegrino, architetto direttore coordinatore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari e Foggia, progettista e direttore dei lavori di restauro nel casale di Balsignano.

E.P.: «I primi lavori della Soprintendenza a Balsignano, finanziati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con il programma “Itinerari turistici nel Mezzogiorno” per un importo di 250 milioni di lire, si svolsero tra il 1990 ed il 1991 e compresero il restauro e lo scavo nella chiesa di S. Felice e nell’area esterna ad essa prospiciente, il consolidamento ed il rifacimento delle coperture della chiesa di S. Maria, uno scavo all’interno nell’aula meridionale della stessa chiesa e dei saggi nell’aula settentrionale e nelle adiacenze esterne. Fu inoltre eseguito un paziente lavoro di restauro del tratto di muro di cinta compreso tra l’abside di S. Maria e la provinciale Modugno-Bitritto. Dopo una pausa di qualche anno, a partire dal 1998, abbiamo ripreso i lavori con un pronto intervento di puntellamento del castello, che versava in condizioni assolutamente precarie e di pericolosità, a cui sono seguiti, nel corso degli anni successivi, opere di consolidamento dello stesso castello. Dopo due lotti riservati solo al consolidamento abbiamo cominciato ad operare, nei due lotti più recenti, anche nell’ambito della ricomposizione delle parti crollate. Con l’ultimo lotto, riguardante l’esercizio finanziario 2005, che è andato in appalto la prima settimana di maggio, dovremmo riuscire a completare quasi interamente il restauro del castello: mancherebbero solo le rifiniture e gli impianti, di cui è prevista la predisposizione. Spetterà poi al Comune attuare le procedure per gli allacci di luce, acqua, telefono e quant’altro».

Da dove provengono i fondi con cui sono stati eseguiti i lavori al castello?

E.P.: «I fondi provengono dai programmi ordinari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che, su proposta della locale Soprintendenza, ha assegnato quasi ogni anno a Balsignano una somma, non cospicua, ma che ci ha consentito una continuità di interventi1. A questi fondi si è aggiunto nel 2005 un finanziamento di 250.000 euro erogato dal Comune di Modugno, che abbiamo destinato esclusivamente ad una serie di interventi previsti per la chiesa di S. Maria: la ripresa delle indagini archeologi- che all’interno ed all’esterno, il restauro delle murature, la musealizzazione dello spazio interno ed esterno. Attualmente sono stati completati gli scavi e stiamo avviando la fase di restauro delle murature e di musealizzazione».

Nel castello, dopo il consolidamento delle murature, l’intervento si è concentrato sulla ricostruzione della torre occidentale, da tempo crollata. A descriverci le tecniche impiegate è l’ingegnere Pietro Ciammarusti dello studio C.N.C. di Bari, consulente progettista e direttore dei lavori per il consolidamento e le nuove strutture.

P. C. : «Le tecniche adottate seguono una tradizione ormai consolidata nella pratica del restauro.
Anzitutto è stata rifatta la volta del primo piano in pietra e malta di calce, impiegando i conci provenienti dagli stessi crolli e seguendo le tracce della volta originaria. Anche per la ricostruzione del muro di facciata sono state utilizzate le stesse pietre recuperate dal crollo, assottigliate ed inglobate verso l’interno in una paretina sottile in calcestruzzo sorretta a sua volta da una intelaiatura in acciaio. Lo spessore totale della nuova tamponatura è così ridotto ad una ventina di centimetri. Se all’interno la riconoscibilità della parte di nuova costruzione è immediata per l’uso di materiali moderni, all’esterno l’impiego dei conci di pietra originari poteva indurre a fraintendimenti, così abbiamo scelto di arretrare il piano della parete realizzata ex novo rispetto a quello delle murature preesistenti, consentendo la piena leggibilità del fuori piombo che ha subito la struttura prima del crollo. Circa le bucature da aprire sulla nuova parete, necessarie a dare luce ed aria agli ambienti, dal momento che non si conosceva la localizzazione delle aperture originarie e che di conseguenza qualunque soluzione sarebbe risultata arbitraria, si è preferito scegliere un segno netto costituito da una geometria di asole verticali, lunghe e strette, da chiudere con lastre trasparenti in materiale sintetico o in cristallo. Possiamo immaginare l’effetto suggestivo, di “lanterna”, che avrà questo lato del castello di sera quando sarà illuminato dall’interno. Infine, la copertura della torre è stata realizzata con un solaio piano in acciaio posto al di sopra della porzione di volta esistente, la quale, essendo priva dell’altra metà spingente, è stata sostenuta con dei sistemi di tiranti nascosti».

L’architetto Pellegrino ribadisce le ragioni delle scelte effettuate.

E.P.: «Abbiamo voluto utilizzare per la parte di nuova costruzione lo stesso materiale, la pietra, per evitare un contrasto troppo brusco, sgradevole, con il resto del l’edificio, caratterizzato dall’uso di pietra a vista, ma l’abbiamo trattata in maniera diversa, per rendere l’intervento distinguibile. Al centro dell’ambiente al primo piano della torre campeggia un arco diruto appartenente ad una precedente configurazione. Abbiamo rinvenuto anche altri tratti di muratura, ma purtroppo dalle poche tracce esistenti non era possibile fare ipotesi più precise sulle fasi edilizie, così ci siamo astenuti da qualsiasi tentativo di ricostruzione ed abbiamo operato in una direzione che potremmo definire di musealizzazione della parte crollata. Devo dire che siamo stati molto combattuti sul tipo di intervento da effettuare in questa zona: fino all’ultimo abbiamo avuto la tentazione di lasciarla scoperta, con una sistemazione “a rudere”, perché temevamo che questa ricostruzione avrebbe tolto al monumento gran parte della sua suggestione. D’altronde bisogna tener presente che il problema principale è quello della conservazione di ciò che è giunto fino a noi. Da qui la decisione di coprire e chiudere, nella maniera meno invasiva possibile».

Tra le altre novità che abbiamo ritrovato nel castello ne segnaliamo due. La prima è che sono state restaurate delle scalette che consentiranno il collegamento tra i due livelli dal Pintemo. La seconda è che il fortunato esito di una campagna di scavo nell’ ambiente centrale del piano terra ha convinto i progettisti a lasciare visibili le testimonianze venute alla luce ed a rendere praticabile l’area mediante una passerella. Chiediamo alla dottoressa Maria Rosaria Depalo, archeologa della Soprintendenza archeologica, responsabile degli scavi nel castello, di illustrarci i ritrovamenti.

M.R.D.: «Gli scavi si sono svolti di pari passo con le opere di restauro e consolidamento delle fondazioni del castello. Abbiamo scavato all’interno ed anche all’esterno, a ridosso delle murature del castello, dal lato della corte. Negli ambienti al piano terra sono state ritrovate strutture murarie che si riferiscono a fasi del casale precedenti a quelle attualmente visibili. L’interpretazione delle strutture rinvenute è piuttosto complessa e mi ri servo di studiarle ancora e raccordarle alle vicende storiche del sito.
Posso solo anticipare che, come è noto, il casale ha avuto una lunga storia, fatta di distruzioni e di ricostruzioni. Le strutture murarie possono essere messe in relazione con alcuni grossi eventi distruttivi attestati dai documenti: vi sono infatti consistenti tracce di crolli con livelli di incendio molto significativi. In particolare, all’interno dell’ambiente centrale del piano terra è venuto alla luce un grosso muro che ha subito un evento di crollo fortemente drammatico, forse causato da un terremoto, in quanto presenta una rotazione molto accentuata. È suggestiva questa lettura di muri, crolli, di fatti distruttivi e di ricostruzioni, che documenta le vicende storiche che hanno interessato il casale. È stata anche rinvenuta una muratura a forma di emiciclo, che sembrerebbe potersi interpretare come un’abside: quindi probabilmente un ulteriore edificio di culto insisteva nell’area del castello. Per determinare le datazioni di tali strutture sarà indispensabile relazionarle allo studio dei materiali ceramici. È stata infatti ritrovata una notevole quantità di ceramica di epoca medievale, da interpretare come vasellame d’uso degli abitanti del casale, sia ceramica di uso domestico, povera, nuda, acroma, che vasellame più pregiato da mensa, ceramica decorata, quindi, invetriata, monocroma e policroma, e smaltata, databile tra il XII ed il XIV secolo».

I lavori al castello consentiranno finalmente al suo interno lo svolgimento di nuove funzioni. A proposito della destinazione futura, quali attività giudica compatibili con l’edificio?

E.P.: «Abbiamo certamente pensato ad un riutilizzo perché solo questo può garantire la conservazione del bene e, al tempo stesso, che non vadano vanificati i lavori di restauro. Comunque non ci siamo addentrati fino alla determinazione di una funzione specifica: spetterà al Comune, che è il proprietario, definire meglio come vorrà utilizzarlo e reggere, insieme alle Associazioni culturali che già operano per la valorizzazione di Balsignano, il peso di questo utilizzo, fare in modo che questo spazio diventi vivo, vigilare affinché non si verifichino più, come purtroppo accade continuamente, atti di vandalismo e di depredamento. Gli ambienti non sono molto grandi, ma saranno senz’altro possibili funzioni di tipo culturale e museale, ad esempio, allestimento di piccole mostre e di un museo del monumento stesso, della sua storia, del suo restauro, piccole manifestazioni ed incontri».

Riguardo la chiesa di S. Maria, ha parlato nella premessa di musealizzazione dello spazio interno ed esterno. In che cosa consisterà?

E.P.: «In sostanza, mentre nell’aula settentrionale verrà ripristinato il piano di calpestio, in quella meridionale, cioè l’aula absidata, verrà realizzato un percorso di visita con una passerella che, attraversando una porta ora murata, proseguirà all’esterno, scavalcando l’area oggetto dell’ultimo scavo. Ci sembrava interessante infatti lasciare in vista all’interno, oltre alle tombe ritrovate, il banco roccioso affiorante, la cui conformazione, in ripida discesa verso la lama, spiega le vicissitudini costruttive dell’edificio religioso».

Sono previsti restauri degli affreschi?

E.P.: «Non sono previsti per il momento. Purtroppo, essendo l’importo a disposizione limitato, abbiamo dovuto fare delle scelte ed abbiamo privilegiato i lavori necessari ad avere un quadro più completo della situazione, dando la precedenza ad interventi che consentissero subito la fruibilità della chiesa. I completamenti, il restauro degli affreschi ed altri interventi localizzati si potranno sempre fare in seguito».

Rivolgiamo ora la nostra attenzione all’ampio scavo effettuato nell’ area esterna antistante il corpo di fabbrica absidato, laddove, in base alle conclusioni tratte nella campagna di indagini condotta nel 1991, doveva localizzarsi la navata di un più vasto ed antico edificio di culto. Chiediamo alla dottoressa Paola Piliego, archeologa, responsabile degli scavi nella chiesa di S. Maria sotto la direzione della Soprintendenza archeologica, di descriverci le strutture rinvenute.
Dobbiamo premettere che la complessità dei ritrovamenti ha richiesto l’intervento di altri collaboratori. In particolare, il rilievo e la mappatura delle superfici murarie della chiesa di S. Maria sono state effettuate dallo studio dell’ingegner Sabino Mazzacane con la consulenza del dottor Maurizio Triggiani, con lo scopo di realizzare una stratigrafia delle murature. Il rilievo del casale è stato eseguito dall’architetto Paolo Perfido dell’Università di Bari.

P.P.: «Gli studi sugli esiti degli scavi non sono ancora stati completati, quindi è possibile dare solo delle anticipazioni. Abbiamo iniziato lo scavo a settembre dell’anno scorso all’interno dell’ambiente absidato, dove sono emerse delle tombe, poi si è scavato nell’aula settentrionale, dove erano stati effettuati solo saggi, ed anche qui sono venute alla luce delle sepolture, attualmente ancora sottoposte ad analisi. Infine si è passati all’area esterna, dove nel 1991 i saggi avevano interessato le pareti est e sud. Qui è stato individuato un muro che corre parallelo alla parete sud, quella articolata da arcate con resti di affreschi, per intenderci. Tale muro, che era stato originariamente interpretato come unico, è invece composto da due muri affiancati e reca un frammento leggibile di affresco. Dello spazio delimitato dalla parete sud e dal muro rinvenuto abbiamo trovato il livello della pavimentazione. Successivamente si è deciso di ampliare lo scavo più possibile verso ovest per cercare di capire meglio l’organizzazione di questo ambiente ed individuare le fasi di utilizzazione dell’edificio, che si annunciavano più numerose di quanto poteva prevedersi. È venuto così alla luce un muro di chiusura dell’ambiente, costruito però in una fase successiva. Vale a dire che lo spazio della navata originariamente si estendeva ancora di più verso ovest e che questo muro lo ha tagliato non permettendo più l’accesso all’esterno. Un altro muro parallelo al precedente è affiorato più avanti, ma lo scavo è stato interrotto. Insomma, la chiesa doveva proseguire verso occidente. Nell’area esterna all’ambiente principale abbiamo individuato anche alcune sepolture».

Rimane ancora valida l’ipotesi che questo ambiente fosse la navata della chiesa più antica?

P.P.: «Potrebbe essere, probabilmente si riconduceva al corpo absidato, al cui interno sembrano potersi localizzare le parti più antiche. Ma tutto questo al momento è solo una ipotesi. Di sicuro le fasi costruttive dell’edificio furono diverse e questo avvicendarsi di strutture nel tempo rende più difficile l’interpretazione. L’indagine stratigrafica in corso ci permetterà di capire meglio la successione degli eventi, ma certamente nuovi dati potrebbero venire da ulteriori scavi condotti sia nella zona occidentale che verso sud, oltre il muro di cinta».

Infine chiediamo all’architetto Pellegrino se si possono prevedere dei tempi per l’ultimazione dei lavori.

E.P.: «Per il completamento dei lavori del lotto finanziato dal Comune bisognerà aspettare qualche mese, all’incirca fino al novembre 2006. La chiesa non sarà pienamente funzionale, ma sarà probabilmente visitabile. La cospicua entità dei ritrovamenti archeologici ci ha infatti costretti a modificare il quadro progettuale ed abbiamo dovuto sottrarre alcune operazioni per dare spazio agli scavi. Sarà quindi necessario un lotto di completamento definitivo. Per il castello ci vorrà almeno un altro anno, ma anche qui, come ho già detto, saranno in seguito ancora necessari lavori di rifinitura e gli impianti. Ci stiamo attivando con il Comune affinché possa trovare delle ulteriori risorse economiche per portare a compimento l’opera di restauro del casale, utilizzando eventualmente fondi regionali. Lo stanziamento della somma di 250.000 euro è stato meritorio, ma non è sufficiente perché il casale è molto grande, c’è il muro di cinta e tutto lo spazio all’interno di esso. Purtroppo il Ministero, al momento, possiede delle risorse limitate: noi andiamo avanti con queste piccole somme della programmazione annuale, ma finora non abbiamo avuto un grosso importo che ci permettesse di dare un impulso a realizzare un intervento completo. Andiamo avanti, ma sempre, come dire, con le briciole».