Month: Dicembre 2002

I Templari a Balsignano sono frutto della fantasia

Anno XXIV N. 106 Dicembre 2002
Gaetano Pellecchia

Il fatto che beni culturali locali suscitino interesse all’estero è cosa che fa piacere. Fa meno piacere scoprire che i termini cronologici di riferimento di tali beni siano imprecisi. Ci si riferisce al numero di ottobre 2002 di Nuovi Orientamenti in cui viene segnalato un reportage pubblicato su una rivista francese {GEO) dove si accenna alla chiesa di S. Felice in Balsignano ed alla masseria Cafariello. L’imprecisione riguarda la chiesa di S. Felice. Appare opportuno riportare la citazione e la relativa traduzione: «…une chapelle de pierres blanches livrèe aux geckos. Sous ses coupoles, construites par les Templiers…» («… una chiesetta di pietre bianche abbandonate ai gechi. Sotto le sue cupole, costruite dai Templari…»). Ancora più esplicita, se possibile, la didascalia a commento dell’immagine della chiesa di S. Felice: «Près de Bari, cette chapelle avait été costruite par les Templiers au XI siècle» («Presso Bari, questa chiesa è stata costruita dai Templari nell’XI secolo»).

Come si sa, l’Ordine dei Templari nacque nel contesto della prima crociata (1096-1099) e si sviluppò nel periodo successivo ad essa. La prima fonte (postuma) in cui si parla dei Templari è quella della Cronaca di Guglielmo di Tiro, che attesta la loro presenza nel 1118. Nel XII secolo crebbero sia la fama militare sia la ricchezza finanziaria e fondiaria dell’Ordine dei Templari, che verrà riconosciuto dalla Chiesa nel 1139.

A tutt’oggi, lo studio più completo e attendibile sulla chiesa di S. Felice in Balsignano è quello di Adriana Pepe. In tale lavoro si ribadisce l’assenza di fonti cartacee ed iconografiche tali da stabilire con una certa precisione il periodo (o l’anno) di fondazione della chiesa di S. Felice. La studiosa assume come termine post-quem la fine del IX secolo -1092: donazione del duca Ruggero all’abbazia di S. Lorenzo di Aversa- e come termine ante quem il 1197. Adriana Pepe, inoltre, ipotizza, con molta cautela, che S. Felice sia stata fondata nella prima metà del XII secolo.
Dunque, allo stato attuale degli studi, sostenere che la chiesa di S. Felice in Balsignano fu costruita dai Templari è un falso storico. Appare difficile immaginare che un qualche gruppo di Templari, finita la prima crociata, abbia avuto il tempo di “progettare” ed edificare a Balsignano una chiesa. Alcune brevi riflessioni, tuttavia, si impongono. In primo luogo, collocare i fenomeni storici, e di qualunque altro genere, nel loro contesto cronologico è, oltre che pratica storiografica corretta, sintomo di corretta informazione.

Non si tratta di erudizione. La giusta contestualizzazione di un fenomeno consente di leggere quest’ultimo in maniera più complessa, nelle sue molteplici relazioni con una serie di altri fattori. Nel caso della chiesa di S. Felice in Balsignano, attribuirne la costruzione ai Templari significa ignorare gli elementi culturali, sociali ed economici che hanno connotato il territorio di Balsignano a partire dal Neolitico, trascurare le vicende politiche, socioeconomiche e religiose dell’area in cui è ubicato il casale di Balsignano, non considerare le ricerche compiute. Sia chiaro: non si pretende da una rivista a carattere divulgativo di svolgere puntuali e minuziose ricerche storiografiche su un fenomeno, ma di documentarsi a sufficienza. Insomma, l’impressione è che i redattori di GEO non hanno effettuato per la Chiesa di S. Felice in Balsignano quella «lunga e accurata indagine» che, a quanto pare, è stata svolta per gli altri insediamenti oggetto del loro servizio.
Sostenere, inoltre, che la chiesa di S. Felice fu costruita nell’XI secolo dai Templari significa, probabilmente, accontentare le aspettative del lettore francese. Va ricordato, in proposito, che era francese la maggior parte della nobiltà feudale che partecipò alla prima crociata, così come una amplissima componente francese connotava l’Ordine dei Templari. Ora, con articoli come quello di GEO passa l’immagine dei Templari costruttori di chiese in luoghi dove prima non c’erano, ovvero dei Templari (e quindi della Francia) portatori di religione e civiltà. Più che alla Francia, bisogna guardare agli intensi, proficui e secolari rapporti fra la due sponde dell’Adriatico.
Infine, affermare che una chiesa è stata costruita dai Templari vuol dire, a livello di cultura diffusa, associare ad un luogo di culto il carattere “misterioso” ed “esoterico” che accompagna la fama dei Templari. La chiesa si carica di significati che affascinano il lettore comune e tende a connotarsi come luogo degno di visita turistica. La chiesa di S. Felice ha una storia probabilmente complessa e ancora da scoprire. Perché, per renderla interessante, la si deve associare ai Templari?

Alla riscoperta dell’uomo di Balsignano

Anno XXIV N. 106 Dicembre 2002
Dina Lacalamita

Una visita guidata sul sito del villaggio neolitico di Balsignano è stata effettuata nella mattinata del 16 novembre: guida d’eccezione, Francesca Radina, archeologa, responsabile del Centro Archeologico Operativo di Bari; fra i visitatori, docenti illustri dell’Università di Pisa, Renata Grifoni Cremonesi, e dell’Università La Sapienza di Roma, Alessandra Manfredini; era presente anche il Sindaco di Modugno, Pino Rana.
L’itinerario, che prevedeva un sopralluogo anche al Pulo di Moffetta, è stato voluto come conclusione dell’ultima campagna di scavi, la quarta, per l’esattezza a partire dal 1990, da quando furono rinvenute le prime testimonianze e i primi segni documentari di un insediamento preistorico risalente a ottomila anni fa, sul pianoro della lama Lamasinata, a Modugno.
In questo antico solco erosivo, uno dei tanti che caratterizza la Murgia barese, attraverso un percorso lungo e tortuoso, hanno camminato i nostri più lontani antenati. Qualcuno pittorescamente le ha definite le autostrade del neolitico: le lame erano, infatti, vie di collegamento rapide tra l’entroterra mangiano e il mare, adatte alla sopravvivenza, in un periodo in cui non doveva essere molto facile trovare cibo. Le lame offrivano tutto quello di cui l’uomo abbisognava: le grotte come alloggi per affrontare l’inverno, l’acqua, indispensabile alla vita, il cibo, sia sotto forma di abbondante vegetazione, sia come selvaggina. Tutto questo ha fatto sì che quegli uomini potessero divenire stanziali, non più nomadi, e quindi, più abili in alcune occupazioni. Prove concrete sicuramente sono le migliaia di reperti ritrovati durante la campagna di scavi, primi fra tutti i frammenti ceramici.
L’importanza scientifica dell’ultimo scavo è da attribuire soprattutto all’evidenziazione di nuclei abitativi più recenti, finora poco noti, e precisamente alle caratteristiche planimetriche e strutturali della capanna numero 2, così come è stata contrassegnata dai ricercatori, si sono potuti definire con certezza i punti d’appoggio dei pali verticali, portanti le strutture in elevato; si è potuto delimitare, ai margini della capanna, una larga fossa con una sepoltura monumentale, di cui è stato fatto il calco, con resti di attività riferibili al momento della sepoltura stessa.
La comunità neolitica antica che viveva sul pianoro di Balsignano abitava capanne di forma rettangolare allungata, distanti Luna dall’altra circa venti metri. Era dedita all’agricoltura e all’allevamento, soprattutto di ovi-caprini, oltre che alla caccia, nei vicini circondari boschivi, e alla pesca, nonostante la distanza dell’insediamento dal mare. Si può affermare tutto questo sulla base del rinvenimento di resti faunistici: una testa molto ben conservata di cervide o capriolo; ossa di animali erbivori, decorazioni fatte sulla ceramica per mezzo di conchiglie. C’era infatti, fra quegli uomini, anche una categoria di artigiani vasai, che lavorava la ceramica impressa, data la presenza di pezzi di vasi, olle, grandi recipienti adibiti alla conservazione delle granaglie, sistemati in piccole conche o nicchie ricavate nella pavimentazione di lastre calcaree. I recipienti risultano invece essere stati decorati, a bande, o con l’orlo marcato. Sono stati rinvenuti pezzi di intonaco argilloso delle capanne, che si è conservato molto bene perché è concotto, cioè bruciato: su di essi si legge l’impronta dell’incannucciato. Ha suscitato una certa sorpresa il ritrovamento di materie prime, quali i pezzi di selce, di provenienza garganica, o i frammenti di ossidiana, sicuramente originaria dell’isola di Lipari (Sicilia), o, ancora, i cocci ceramici dipinti di rosso, di fattura raffinata, forse non appartenenti alla produzione del nostro territorio. Per quest’ultimo procedimento, non avendo finora rinvenuto alcuna prova scientifica, per esempio un forno adibito alla loro cottura, viene fatta l’ipotesi che la comunità neolitica di Balsignano si dedicasse ad attività di scambi e relazioni con altre comunità stabili, site negli insediamenti della fascia litoranea, o anche più distante.
Molto evoluto e assai interessante dal punto di vista scientifico risulta l’abitato antico del pianoro di Lama Lamasinata. Ancora più degli esiti degli scavi precedenti, quest’ultimo ha portato a certezze nel campo archeologico, proponendo datazioni più recenti per alcuni reperti, e nuove ipotesi, invece, per altri ritrovamenti. Ci si riferisce, ad esempio, alla struttura circolare di lastre di pietre calcaree, più vicina al vialetto di accesso al sito. Un’economia di risorse e di energie potrebbe aver imposto a quegli uomini una certa attività di spoglio di costruzioni precedenti, per il riutilizzo (oggi diremmo riciclaggio), del materiale calcareo nella costruzione della capanna risalente al periodo più recente. A suffragio di questa ipotesi potrebbe essere esibita la presenza della sepoltura dell’uomo di 27 anni, alto 1 metro e 70, databile nel neolitico medio, la cui tomba è lastricata di pietre, ricavate dalla capanna più antica: sicuramente una persona di rango più elevato delle altre, tenuta in grande considerazione, un monumento insomma.
L’ultima campagna di scavo, finanziata dal Comune di Modugno, ha acceso un interesse davvero entusiastico nelle scuole modugnesi, poiché tutti gli alunni impegnati nel Progetto sulla frequentazione umana nel periodo neolitico, nello scorso anno scolastico, del quale è stato riferito sulla rivista, (Nuovi Orientamenti, N. 104, agosto 2002), hanno partecipato, nel periodo ottobre – novembre di questo nuovo anno scolastico, alle visite sul sito, organizzate dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione. E’ statala naturale conclusione del lavoro didattico, per quel che riguarda i ragazzi, mentre non è affatto conclusa la vicenda dell’insediamento neolitico di Balsignano, il cui notevole interesse scientifico esige la definitiva acquisizione da parte dell’Amministrazione Comunale, come è stato più volte sollecitato da Francesca Radina, che cura le ricerche nell’area archeologica, e dalla Rivista Nuovi Orientamenti, che ha sempre posto come priorità assoluta l’acquisizione pubblica del terreno al patrimonio culturale modugnese, per una sua conservazione idonea e stabile. L’acquisizione pubblica dell’area è il primo passo per la creazione del Parco archeologico e ambientale di Balsignano; di esso faranno parte, oltre al sito neolitico, la Lama Lamasinata e il Casale fortificato medievale, ubicato a breve distanza. Potremmo avere finalmente, come auspica Francesca Radina, che ha riservato un’attenzione speciale ad alunni e persone in visita al sito, un’area attrezzata con una riserva di dati archeologici.
L’intera zona si avvale, inoltre, di un rigoglioso paesaggio naturale, boschetti di querce e macchia mediterranea, per fortuna quasi del tutto intatto, che contribuisce non poco a donare suggestioni profonde a chi desidera immergersi in un passato ancora da scoprire.

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