Anno XIII N. 101 Novembre 2001
Rossella Romita
Su Balsignano abbiamo pubblicato molto in questi due decenni, ma ci mancavano delle schede analitiche su tutti gli affreschi, ancora oggi visibili. Ebbene, a partire da questo numero, colmeremo questo vuoto grazie ad uno studio sistematico svolto da Rossella Romita col coordinamento della prof.ssa Adriana Pepe dell’Università di Bari.
  • COLLOCAZIONE: Chiesa di S. Maria di Costantinopoli, navata settentrionale, parete sinistra.
  • OGGETTO: dipinto.
  • SOGGETTO: S. Lucia.
  • CRONOLOGIA: seconda metà del XIV secolo.
  • AUTORE: anonimo frescante meridionale.
  • MATERIA E TECNICA: affresco.
  • STATO DI CONSERVAZIONE: discreto.
  • RESTAURI: A cura della Soprintendenza ai Beni AA. AA. AA e SS. della Puglia, 1999-2000. In primo luogo si è proceduto al fissaggio dell’intonaco dipinto al supporto murario; saggi di  pulitura e di   integrazione  pittorica  sono stati  effettuati   sulla parte inferiore dell’affresco.
  • DESCRIZIONE: L’affresco è in parte nascosto, sul lato sinistro, da uno dei pilastri sui quali si imposta  la volta a   crociera della navata:   ciò rivela   la   diacronia tra l’esecuzione dell’affresco e la costruzione della volta, avvenuta in un tempo successivo, e dunque in una fase di ristrutturazione dell’edificio originario.

L’immagine di S. Lucia si staglia su un fondo color ocra; il capo, invece, cinto di una corona aurea, spicca su un riquadro di colore blu intenso, sul quale è l’iscrizione con il nome della Santa. L’aureola dorata è definita da un giro di perline.

Lucia indossa una veste rosso cupo, ornata da un gallone dorato e da un ricamo a fondo azzurro al centro della scollatura. Le maniche, strette ai polsi, sono chiuse da perline. Sulla veste è drappeggiato un manto verdino, con un motivo a rosetta stilizzata ricamato in rosso; un velo trasparente le scende dal capo biondo oltre le spalle, fermato da un cordoncino pedinato che le cinge la fronte. La Santa è rappresentata con uno dei suoi attributi più frequenti1: gli occhi, presentati sull’orlo di una brocchetta, poggiata su una ciotola che Lucia regge con le mani sottili.

Il dipinto è contornato da una doppia cornice, rossa all’esterno e bianca all’intemo, comune all’immagine contigua di un Santo Vescovo, sì da formare un dittico. Tracce di intonaco dipinto sulla parete a destra del Vescovo, fanno supporre l’estensione di una serie di riquadri votivi.

NOTIZIE STORICO-CRITICHE

L’affresco, insieme all’altro con cui forma un dittico, è stato pubblicato per la prima volta nel 1908 da Antonino Vinaccia, che segnala “due figure di santi della ingenua scuola bizantina”2.
Circa un decennio più tardi, Mario Salmi, autore di un pionieristico e fondamentale saggio sulla pittura pugliese, pur soffermandosi in una veloce nota solo sul “Cristo in gloria” affrescato nell’abside del vano a est, evidenzia il carattere occidentale degli affreschi della chiesa di S. Maria di Costantinopoli, e riconosce l’influsso dell’arte senese del Trecento.
In effetti, pur nella sua rappresentazione iconica, la figura di S. Lucia non è assimilabile al filone della pittura bizantina che domina a lungo la produzione pittorica pugliese, con echi che perdurano fino al XIV secolo4; essa appare ormai frutto di un ambiente culturale, quello della Puglia angioina, nel quale confluiscono elementi di segno gotico, sovrapponendosi o componendosi con le secolari esperienze della pittura greca. Questo flusso di esperienze di chiara marca occidentale si propaga in tutto il Meridione, attraverso l’opera di pittori operanti nell’orbita della corte angioina di Napoli. In particolare, per l’affresco modugnese deve farsi riferimento al clima culturale venutosi a creare a Napoli verso la metà del Trecento.

I rinsaldati rapporti politici fra i reali angioini (soprattutto per l’opera di Giovanna I) e la curia avignonese fanno sì che gli artisti napoletani vedano in Avignone un modello culturale da imitare e con il quale mettersi al passo; tanto più che la città provenzale andava diventando, in quegli anni, il centro propulsore di una nuova cultura cortese di dimensioni internazionali, che aveva il suo fulcro nell’arte di Simone Martini, da tempo pittore ufficiale della corte papale avignonese.

In seguito alla morte del Maestro senese, avvenuta proprio ad Avignone nel 1344, si assiste ad un “revival” delle forme martiniane che investe tutto il bacino del Mediterraneo fin verso la metà del Quattro- cento: finalmente entra nel contesto della pittura napoletana la lezione di Simone Martini, che la pala del 1317 (“S. Ludovico di Tolosa”) non bastò a rendere comprensibile.

Per via napoletana — attraverso l’esperienza di artisti quali il “Maestro delle Tempere francescane” e il “Maestro di Giovanni Barrile”, formatisi nei grandi cantieri della Capitale e in seguito chiamati in provincia — verosimilmente penetrò in Puglia l’eco delle raffinatezze martiniane, delle quali abbiamo una interessante testimonianza in Capitanata, negli affreschi della cripta della Cattedrale di Foggia. Nel catino è un “Cristo in gloria”, che ha la “fragile eleganza di una miniatura ingigantita”; la Calò Mariani riconduce quest’opera al clima pittorico senese della metà del Trecento, più direttamente proprio alla tendenza, appena analizzata, intenta a recuperare le idee martiniane e in particolare lo stile avignonese dell’artista.

A questo stesso momento sembra appartenere la nostra “S. Lucia”, per la dolcezza del modellato, per l’attenzione ai particolari decorativi e per le cadenze lineari, anche se rese ottuse dal recente restauro.